Quali i documenti necessari per dimostrare la titolarità del diritto di Diretto Dominio (Concedente) sugli ex Fondi rustici (terreni)

Indice

1. Premessa
2. Titolo originario costitutivo del Livello/Enfiteusi e Ricognizione del titolo
3. Quesito: Come risolvere la questione quando non esiste un atto scritto ed opponibile      che abbia costituito una Enfiteusi o altro titolo ad essa riconducibile
4. Ricognizione ordinaria del Demanio
5. Che fare per accertare se sia vera l’esistenza o no di una Enfiteusi?
6. Pretesa derivazione del titolo costitutivo del diritto del Concedente dell’atto notaio            Delfini del 17.05.1898 compravendita da Argelli a favore di Aguet James di Giovanni          Paolo
7. Pretesa di far valere un “brogliardino per l’aggiornamento in campagna dei fondi                rustici”, quale ricognizione del titolo di Enfiteusi, quando si tratta di un mero                        aggiornamento catastale eseguito tra il 1856 e il 1863 ed ancora incompleto
8. Sintesi e precisazioni sulla problematica dei Livelli in S. Felice Circeo

1. Premessa
Per quanto attiene alle vicende di enfiteusi nel tempo sono state promulgate varie norme in conseguenza di proposte di eccezione formulate da alcuni giudici nominati in alcuni contenziosi civili, che ha portato la Corte Costituzionale a stralciare da varie leggi più articoli, che hanno reso la problematica più difficile da risolvere se non si individuano, a priori, i presupposti inerenti il diritto reale di enfiteusi differenziandolo da altri diritti che devono essere giudicati secondo altri dispositivi normativi-civilistici.
Conseguentemente la Corte di Cassazione ha interpretato le sue nuove decisioni rimanendo sempre ferma nel presupposto che l’inesistenza di un atto opponibile costitutivo del diritto reale di enfiteusi o a questo assimilabile non permette che sia vantata da nessuno contro la proprietà esercitata dal possessore/coltivatore.
Nel nostro caso si deve tener presente:
1) L’antica comunità di San Felice era sottoposta al diritto del Governo Ecclesiastico, che amministrava l’intero territorio della Nazione, il così detto “Regno di Pietro”, attraverso specifici organismi, e tra questi sono di nostro diretto interesse:
       – la Reverenda Camera Apostolica (R.C.A.) che procedeva secondo le leggi promulgate con “Motu Proprio” emessi dal Papa con annessi regolamenti;
       – la Direzione del Censo, con sede apicale ed unica a Roma, che aveva il compito di censire i beni qualificati in terreni (terreni rustici) e fabbriche (case, unità urbane, ecc.) per l’imposizione fiscale. Il Censo, pertanto, era l’amministrazione del catasto assimilabile al nostro Ufficio del Territorio – catasto.
2) Per difendere il Potere Temporale Ecclesiastico dal Potere delle Famiglie Nobiliari, la Chiesa istituì una sorta di prelazione applicabile su tutto il territorio della Nazione in una bolla papale nominata “del non infeudanti” anche detto diritto di “alto dominio” (da non confondere con il dominio diretto caratteristico delle enfiteusi).

3) Dopo l’avventura Napoleonica, il primario provvedimento di riforma fiscale fu l’istituzione del Catasto Gregoriano(N°1) nel 1816, che realizzò in primis tutte le mappe, e fu definitivamente promulgato nel 1835 dopo anni di lavoro per l’attribuzione degli estimi.

4) L’ Amministrazione Ecclesiastica aveva da tempo dato le seguenti disposizioni:
– normò che per l’esistenza di un diritto o contratto era necessario un atto scritto, registrato e conservato per renderlo pubblico affinché esibendolo si potessero far valere le proprie pretese in giudizio e fuori giudizio;
– confermò che il Catasto Gregoriano, in continuità con i precedenti catasti, aveva valenza meramente fiscale in quanto gli elenchi e le partite erano realizzati senza contraddittorio tra i possessori e i proprietari, nonché tra questi e gli adiacenti confinanti del proprio lotto terreni o del fabbricato (l’accesso dei periti ai singoli fondi, in un ambiente a campi aperti, era eseguito comunque, con o senza la presenza dei proprietari di diritti o possessori che di fatto in loco gestivano la produzione agricola, la guardiania e pagavano le tasse).

5) Attualmente nella Provincia di Latina, come pure nello Stato Italiano (N°2) , non esiste un qualsiasi Catasto che possa certificare l’esistenza di un diritto, a meno che tale diritto non sia supportato da atti scritti resi pubblici dalla macchina amministrativa, sia dell’allora Stato della Chiesa sia delle altre Amministrazioni che gli seguirono.
Dopo lo caduta dello Stato Ecclesiastico, sia l’Amministrazione del neo Regno d’Italia e poi lo Stato della Repubblica Italiana, diedero continuità alla separazione dei due citati istituti (catasto e uffici del registro), tanto che ancora oggi la “pubblicità immobiliare determina la validità degli atti scritti opponibili per dimostrare la costituzione e l’esistenza di un diritto” con le Trascrizioni presso le Conservatorie dei Beni Immobiliari, mentre il Catasto evidenzia “l’entità dell’imposizione fiscale e individua il soggetto che deve adempiere all’obbligo di versare le tasse nelle casse dello Stato”.
Pertanto, il Catasto non ha valore probatorio da poter opporre in giudizio, ma è meramente indiziario per poter risalire ai documenti aventi valore di prova che sono in esso meramente annotati.

2 – Titolo Originario Costitutivo dei Livelli/Enfiteusi e Ricognizione del Titolo
Premesso che l’enfiteusi essendo un contratto/diritto doveva essere stipulato tra il Direttario e l’Enfiteuta in forma di Contratto scritto e registrato in modo da divenire atto pubblico già anteriormente al 1808, successivamente in continuità sempre riconfermato come da ultimo con C.C. Pontificio del 1834 (Titolo VI – art 59. – I contratti di enfiteusi e di censo non saranno validi qualora non siano stipulati per pubblico istrumento).
Nel caso dei “presunti livelli” riemersi recentemente nel Comune di San Felice Circeo, un valido Titolo Enfiteutico Originario non è mai stato prodotto né opposto pubblicamente dai presunti pretendenti, e nemmeno risulta allegato agli attuali giudizi pendenti. Se ne desume, pertanto, che un diritto di livello o di assimilabile enfiteusi è inesistente.
Tale Atto Costitutivo di Enfiteusi non risulta nemmeno sia stato rinvenuto dal Demanio dello Stato (o dal Demanio del Regno) e neppure che questi lo abbia allegato agli atti di cessione dell’ex-feudo al primo possidente privato, tal Cavaliere Ottavio Giachetti.
Anzi, gli atti finora rinvenuti e autenticati con pieno valore amministrativo sono tesi a dimostrare il contrario:
– La vendita dell’ex feudo venne eseguita sulla base di precisi disposti normativi che in primis prevedevano l’acquisizione di una Perizia, commissionata all’ing. A. Bracci, il quale ai sensi della L. nr. 793/1862, artt.2 e 14 e del relativo regolamento applicativo R.D. nr. 812/1862, artt. 10, 11 e 18, nel gennaio 1874 consegnò una Perizia “Sommaria” in quanto l’ex Feudo di San Felice presentava carenza di atti e di rispondenza con le scritture catastali.
– La perizia non cita l’esistenza di contratti di Enfiteusi al compendio immobiliare nr. 39 nominato “Capitale dei Canoni su fondi rustici” in cui sono meramente elencate le particelle catastali, oggi ritenute presuntivamente enfiteutiche, ma cita che per consuetudine del Governo Ecclesiastico questi piccoli appezzamenti erano concessi a coltivatori locali.
Sottolineiamo che consuetudine = inesistenza di atti pubblici.
Si ritiene che la citata L. nr. 793/1862 e il relativo regolamento applicativo R.D. nr. 812/1862, unitamente agli atti opponibili di provenienza dei titoli, dovranno essere sicuramente oggetto di attenta valutazione, in particolar modo l’interpretazione dell’art.3 di detto Regolamento che esclude che lo Stato Italiano possa vendere i domini diretti e gli altri beni sottoposti al peso di una serie di titoli diversi dalla proprietà.

Si riportano di seguito gli articoli più salienti citati

L. nr. 793/1862 (G.U. 211 del 1862):
     Art.2 – Il valore dei beni sarà desunto da regolari registri, catasti e contratti, ed in caso di mancanza o d’insufficienza di tali elementi, da perizie sommarie, colle norme che saranno prescritte dal regolamento.
     Art.14 – L’approvazione dei contratti si farà con Decreto del Ministero delle Finanze o dei suoi delegati. Se il valore del contratto eccede la somma di venticinquemila lire, all’ approvazione suddetta dovrà precedere il parere del Consiglio di Stato.
Regolamento di attuazione R.D. nr. 812/1862 (G.U. 222 del 1862):
     Art.3 – Saranno esclusi dalla vendita: …omissis …. ; f) i domini diretti, i censi e le annualità perpetue di qualunque natura. (da questi prenderanno consistenza anche i fondi Ecclesiastici dello Stato che sono oggetto di trattamento secondo una specifica normativa);
     Art.10 – Il valore dei beni si desumerà dai contratti di compra-vendita e di affitto ove esistano, dai registri dell’Amministrazione regolarmente tenuti, e dai catasti. Quando manchino o siano insufficienti o inesatti i mentovati elementi, il valore sarà determinato mediante perizia sommaria da farsi nel modo prescritto agli articoli 18 e seguenti.
     Art.11 – Pei beni affittati si prenderà per norma il maggiore dei fitti risultante dai due ultimi contratti di locazione, quando questi abbiano una durata non minore di tre anni, e sieno stati preceduti da incanti. Se i contratti abbiano una durata minore di tre anni, e non sieno stati preceduti da incanti, si prenderà per guida la media del prezzo di affitto degli ultimi nove anni …. Omissis … .
     Art.18 – Il valore dei fondi da alienarsi sarà determinato mediante perizia:
a) Quando il fondo non sia fruttifero;
b) Quando il valore non si possa con sufficiente esattezza desumere dai contratti, catasti e registri dell’Amministrazione.
Le perizie saranno sommarie e dovranno essere compiute nel più breve tempo possibile.
     Art.19 – Il perito determinerà la rendita lorda del fondo ricavandola dalla presunta quantità dei prodotti e del valore di essi, secondo il prezzo medio dell’ultimo quinquennio del mercato del luogo o del mercato più vicino…omissis…. (ci si chiede come si possa calcolare tale elemento se lo stesso perito riportò in atti di non conoscere quali le colture effettivamente ivi praticate nei singoli fondi).

– Fu istituito e approvato un elenco di beni derivato da detta Perizia Sommaria, denominato Elenco XVIII che riportava i lotti di immobili presi in carico provvisoriamente dal Demanio dello Stato e finalizzati ad ottenere un ritorno economico per mezzo di vendita per asta pubblica. Sempreché fossero stati ritenuti nella disponibilità certa dello Stato. Anche l’Elenco XVIII, approvato dal Ministero delle Finanze con decreto direttoriale il 27-03-1874 non cita l’esistenza di alcuna Enfiteusi sul compendio n.39 nominato “Capitale dei canoni sui fondi rustici”. Infatti, in relazione al detto lotto nr. 39, l’elenco XVIII non approva nessuna somma nella colonna dei canoni, ma sancisce che l’importo calcolata induttivamente vada in un’altra colonna finalizzata al pagamento di “emolumenti comunque dovuti allo Stato” – forse per non incappare nel citato articolo 3, lettera f) del R.D. nr. 812/1862 che avrebbe reso invendibili a terzi i fondi di nostro interesse.
Tale accertamento induttivo involse l’intero impianto della perizia:
– per le particelle catastali indicate, il perito Bracci dichiarò di non poterne determinare la consistenza, il totale della rendita lorda della rendita netta e del valore venale, le distinte colture ivi praticate, chi e se pagava o no un canone. Ancora più disarmante è che l’accertamento peritale-induttivo riferisce che il tutto è soggetto ad una clausola di “salvo miglior accertamento” e addirittura pone dubbi sulla consistenza di tali fondi rustici rendendoli ancor più indeterminati perché questi – a parere del tecnico Bracci – non era escluso che potevano andare a diminuire o ad aumentare le consistenze dei beni di cui agli altri capitoli della perizia: n. 31 o n. 38.
– Poiché risulta ancora irreperibile l’atto del 22-04-1881 di Vendita per licitazione privata (non più per asta pubblica, essendo andati deserti ben sei bandi pubblici nel corso di diversi anni) tra il Demanio dello Stato e Ottavio Giachetti di Vinovo, si può verificare che nell’Atto di Approvazione dello stesso per decreto del Ministero del Tesoro del 29-09-1881 (con parere favorevole del Consiglio di Stato- Sezione Finanze acquisito nell’adunanza del maggio 1881 N. 2215/681) poi omologato dalla Corte dei Conti, sono escluse dalla ratifica di vendita tutte le particelle catastali elencate nella Perizia Sommaria e nel successivo Elenco XVIII accorpate al nr. 39 “Capitale dei Canoni su fondi rustici “.

In conclusione, il Titolo Originario Costitutivo di Enfiteusi da cui deriverebbe il Diretto Dominio in nessun atto è mai indicato per estremi registrati dall’Ufficio del Registro del Governo Ecclesiastico (N°3) , né quando San Felice fu ceduto al primo acquirente Ottavio Giachetti, né a seguire, nei successivi atti a favore dei succedutisi acquirenti, compreso l’Atto del Notaio Delfini del 17-05-1898 di compravendita tra Argelli e Aguet – che verrà approfondito al Cap.6 -.
E non risulta mai allegato ad alcun atto (comunque si tratterebbe di una serie di atti notarili stipulati tra ogni singolo contadino con un presunto direttario); né tantomeno risulta che il Demanio del Regno abbia allegato alla vendita i Contratti scritti tra Concedente e Utilisti obbligatori sin dal 1865 (art.1098 del C.C. del Regno d’Italia del 1865), ma già anche previsti dal C.C. Pontificio dal 1808 a seguire nel 1834 sino agli eventi politici avvenuti nel 1870 in cui subentrò il Regno d’Italia.

3 – Come risolvere la questione quando non esiste un atto scritto ed opponibile che abbia costituito una enfiteusi o altro titolo a questa riconducibile?
Come evidenziato in premessa, il punto cardine della dimostrazione dell’esistenza di una Enfiteusi è il dover produrre un atto opponibile scritto e pubblico (il Titolo Originario). Tuttavia l’obbligo di esibirlo spetta al direttario (c.d. “Barone di San Felice”).
In alternativa, in assenza del Titolo Originario è necessario dimostrare per mezzo di altri titoli, sempre opponibili, che nel tempo tale Diretto Dominio si sia costituito per atto derivativo o sia stato usucapito.
Riguardo a quanto sopra riportato si premette che:

a) il territorio dell’ex compendio immobiliare dell’ex feudo di San Felice, già della Chiesa, non ricalcava l’odierna consistenza del comune di San Felice Circeo, ma era di maggior estensione perché comprendeva anche alcuni territori di Terracina, di maggiori dimensioni ed appartenenti alle sezioni catastali di “Santa Maria” e di “San Vito”;

b) lo Stato Ecclesiastico aveva organizzato la macchina della pubblicità immobiliare dotandosi di “notai Camerali” – che stipulavano atti tra la Chiesa e il privato, e di notai “Capitolini” – che stipulavano atti tra i soli privati.

La procedura seguita era questa: lo Stato della Chiesa, stipulava un qualsiasi atto con un privato mediante un notaio Camerale e, dopo averlo approvato per mezzo di atto Chirografo, lo acquisiva per la gestione della RCA consegnandone copia al segretario Camerale (anch’esso notaio), per gli adempimenti obbligatori di registrazione.
Pertanto sarebbe impossibile non riuscire a reperire negli archivi un atto di Enfiteusi perpetua o a tempo che abbia coinvolto il passato Stato Ecclesiastico, come è altrettanto impossibile che tali atti e i rispettivi notai roganti non siano mai nominati in nessun atto reperito.
Infatti, negli odierni archivi Istituzionali sono ben presenti atti di Enfiteusi che già alla metà del ‘700 erano debitamente rogati da Notai Camerali e obbligatoriamente registrati. E’ solo da questi atti, quando esistenti, che avrebbe potuto prendere origine una eventuale Perizia Ordinaria dell’immesso Demanio del Regno: ma come specificato, il Demanio operò per effetto di una “perizia sommaria”.

4 – Come il Demanio realizzava le proprie RICOGNIZIONI ORDINARIE.
Dall’analisi di altri atti reperiti presso l’Archivio di Stato di Roma, è emerso che il neo Regno Unitario, in relazione ad altri compendi immobiliari acquisiti dall’ex Stato Ecclesiastico, ai sensi della L. nr.793/1862 (G.U. 211 del 1862), riuscì ad ottenere Perizie Ordinarie nelle quali per ogni fondo venivano indicati gli atti istitutivi della pendente enfiteusi – anche rogati dalla Chiesa nel 1768.
In particolare, il perito demaniale:
1.- operava una ricognizione che partiva dallo stato di fatto dei fondi – che non potevano essere individuati nell’atto originario con attribuzione di particella, non esistente prima del Catasto Gregoriano – e quindi venivano espressi nella consistenza secondo l’unità di misura del “Rubbio Romano”, riportando il corrispondente canone in valuta di Scudi Pontifici;

2.- continuava nella cronologia ricognitiva ed indicava se seguivano o no eventuali ricognizioni registrate ed operate per incarico della R.C.A., e comunque indicava come i fondi erano censiti nel Catasto Gregoriano, così da individuarne la corrispondente particella con superficie espressa in unità di misura tavole e canne (il rubbio fu abrogato nel 1817) e il corrispondente canone in scudi (dopo il 1866 si può riscontrare anche la valuta espressa in Lire pontificie);

3.- individuava alla data dell’operazione peritale ogni singola particella, l’effettivo possidente, riportava la superficie del fondo ragguagliata all’unità di misura del metro quadrato e il corrispondente canone in valuta di Lire del Regno d’Italia. Il tutto per tale risultanza veniva preso in carico provvisoriamente dal Demanio dello Stato e omologato dalla Corte dei Conti per le necessarie variazioni nel bilancio dello Stato, sia per le passività che per le poste attive.
Nel caso di San Felice Circeo non esistono atti di Enfiteusi stipulati dalla Chiesa sugli Ex Fondi Agricoli oggi sottoposti a presunto livello. Non esistono ricognizioni recepite e registrate da Segretario Camerale.

5 – Come si accerta che sia vera l’esistenza o meno di una Enfiteusi?
Conclusa la vendita del Demanio al privato, quest’ultimo, se constatata l’assenza di contratti originari, avrebbe dovuto opportunamente operare una ricognizione che avrebbe avuto la funzione di istituire l’Enfiteusi o il Livello sui possedimenti acquistati. In questo caso si tratterebbe di atto rogato, che non ha la funzione di atto derivativo, ma assume la funzione di atto originario istitutivo del peso.
Tanto ha acclarato la Corte di Cassazione.
Infatti, se anche ci fosse stato a monte un veritiero atto scritto di Enfiteusi Perpetua, la Ricognizione su un diritto già istituito con atto originario opponibile, se realizzata (si acclara che non è un adempimento obbligatorio per il concedente), assume valore di Atto Derivativo puro e semplice, con l’effetto di adeguare l’entità dei canoni annuali, che il contadino utilista dovrà corrispondere al Direttario.
Tanto ha acclarato la Corte Costituzionale.
Altro aspetto da considerare è quando ci si trova in assenza di atto opponibile di Enfiteusi e di Ricognizione istitutiva opponibile, e l’Autorità Giudicante si trova a dover valutare più diversi aspetti, tra i quali primariamente:
a) constatare se esistono ricevute del pagamento di canoni dovuti per l’esistenza di Enfiteusi,
b) verificare se tali ricevute siano atte a vincolare il soggetto che possiede beni a suo tempo assoggettati al pagamento di tali canoni da suoi danti causa.
Tali ricevute possono determinare l’Usucapione del diritto di Direttario.
ATTENZIONE: E’ NULLA la dichiarazione unilaterale, di carattere verbale o riportata in atti scritti emessi unilateralmente, che non riportano la prova del corrispondente pagamento sottoscritto direttamente dall’utilista.

È naturale, quindi, che alla mancata esibizione di titoli da parte del direttario, la Magistratura per esprimere giudizio debba incaricare i C.T.U. affinché reperiscano atti opponibili avvaloranti l’esistenza di una enfiteusi e, nel contempo li chiedano anche al concedente, in sequenza, affinché si dimostri il titolo reclamato: le ultime sentenze della Magistratura richiedono, infatti, l’esibizione di atti scritti comprovanti un diritto perché la mera iscrizione in catasto di un titolo atipico, quale può essere il livello o addirittura un presunto diritto reale di enfiteusi, non è prova della sua esistenza (N°4) . Naturalmente, l’onere di provare l’esistenza del diritto con atti scritti spetta alla parte che li vanta per se, i così detti baroni.

6 – Pretesa derivazione del Titolo Costitutivo del Diritto di Concedente dall’Atto Notaio Delfini del 17-05-1898 di compravendita da Argelli a favore di Aguet James fu Giovanni Paolo.
Gli eredi Aguet/Blanc sostengono che il diritto di Concedente è stato acquistato (presunto elemento di prova alternativo al Titolo Originario) con l’atto di vendita da tale Argelli a favore del loro avo Aguet James fu Giovanni Paolo rogato del Notaio Delfini il 17.05.1898.
Ma l’atto di acquisto di Aguet deriva da altri atti di cessione precedenti, sino a risalire alla vendita del Demanio dello Stato (avvenuta per offerta diretta). Tali Atti risultano (vedi parte iniziale del Cap.2) viziati per la parte attinente i fondi rustici ex Compendio nr. 39 in quanto, sin dall’origine, non fu mai risolta l’indeterminabilità dei fondi sottoposti ad un qualunque peso riconducibile ad una distinta enfiteusi.
Atti ulteriormente viziati dall’indeterminabilità che è rimasta, sin dall’origine, in merito all’individuazione di un presunto titolo che graverebbe ancora indefinito e per mera scrittura catastale sugli odierni ex fondi agricoli. In particolare lo Stato Italiano cedette anche la porzione del compendio immobiliare da noi in analisi e compreso nell’ex Feudo di San Felice con la clausola “A corpo e non a misura” (come riportato nel rogito in cui Rossellini cedette ad Argelli il residuo dell’ex Feudo). Ma, se fosse stata determinabile la porzione del patrimonio che oggi interessa i presunti livelli, lo Stato Italiano cedente avrebbe dovuto indicare l’atto/i originari con cui farne apposito allegato.
Invece, nell’atto in cui Aguet James fu Giovanni Paolo acquistò quanto residuava dell’ex feudo di San Felice, si trova solo un elenco di particelle catastali senza corrispondente superficie e tipo di coltivazione, non figurano i nominativi degli Utilisti e dei relativi Contratti obbligatori già dal C.C. Pontificio del 1834 (Titolo VI – art 59. I contratti di enfiteusi e di censo non saranno validi qualora non siano stipulati per pubblico istrumento) e dal C.C. del Regno d’Italia del 1865 (art.1098. Il contratto è l’accordo di due o più persone per costituire, regolare o sciogliere fra loro un vincolo giuridico; art.1556. L’ enfiteusi è un contratto, col quale si concede in perpetuo o a tempo, un fondo con l’obbligo di migliorarlo e di pagare un’annua determinata prestazione in denaro o in derrate).
E’ necessario sottolineare che per il dettaglio dei terreni enfiteutici trasferiti, il notaio Delfini richiamò, nel citato atto di acquisto del 1898, il “precedente” atto redatto con proprio rogito “di identificazione di fondi venduti” del 30 gennaio 1893 trascritto a Velletri il 10 febbraio 1893 al nr. 4839 di formalità, al quale rinvia per i nomi degli utilisti, per antichi cabrei consegnati e per le risultanze catastali che già furono ritenute incongruenti, non attendibili e indeterminabili dalla stessa perizia sommaria del Bracci del 1874 per come recepita con decreto MEF. ma, ancora, gli antichi cabrei quanto erano antichi? Non è dato conoscere la data di aggiornamento a cui si riferiscono in quanto non risultano allegati agli atti. Nell’atto richiamato, che in realtà corrisponde alla Permuta finale tra Giachetti e Rossellini, non ci fu alcuna ricognizione per la determinazione e i titoli gravanti sui fondi rustici ad oggi supposti ad enfiteusi, ma solo una mera elencazione di particelle catastali. In particolare sulla questione si riporta testaulmente:
“Premettesi che con istromento 10 marzo 1892, a mio rogito, fra il signor Cav. Ottavio Barone Giachetti ed il Signor Zeffiro Rossellini procedevasi ad una permuta ed alienazione di fondi, cedendosi dal primo al secondo il tenimento ex feudale di S. Felice Circeo e tutti gli altri beni immobili che erano allora di sua proprietà in detto comune di San Felice Circeo, salvi solo alcuni appezzamenti che il Sig. Cav. Giachetti a se riservava in proprietà, ad enfiteusi, secondo che erano in precedenza ed all’epoca del suo acquisto dal Demanio liberi od enfiteutici. Siccome però nel momento della permuta e cessione non potè aversi la certa descrizione dei beni ceduti in permuta, si convenne in quello istromento che entro due mesi dalla sua data sarebbesi divenuto dalle parti alla identificazione dei beni, facendosi consegna dei titoli e documenti di che all’art. 6° del citato contratto. La identificazione pattuita però richiese un lavoro trito, assiduo e difficile, e tempo maggiore di quello preveduto, ma finalmente fu compiuta, fatta eccezione sui diretti domini nei fondi rustici, e qualche inquilino od utilista, nelle rendite dei fabbricati, i quali per la loro frazionata consistenza e pel mancato aggiornamento richiederebbero qualche altro tempo di studio”.

In merito, dalla lettura degli atti di cessione successivi, appare che il Notaio Delfini evitò di riportare quanto a lui il Giachetti veritieramente aveva precedentemente dichiarato sui fondi rustici, ovvero che era stato impossibilitato ad effettuarvi ricognizione. Addirittura si sbilanciò a riportare in atti che una successiva ricognizione era stata compiuta da Zefiro Rossellini – peccato che il Rossellini di tale ricognizione non ne ha mai saputo nulla né al momento del suo acquisto e né durante i suoi 5 mesi e mezzo di permanenza al Circeo, e né lo ha mai dichiarato in atti contrariamente a quanto gli attribuì il notaio Delfini. Rossellini sapeva solo che non c’era nessuna ricognizione a tutelarlo.

L’atto citato e trascritto, finalizzato a concludere la permuta tra Giachetti e Rossellini tramite la identificazione dei fondi, in nessun modo può essere equiparato ad una ricognizione mancando ogni contraddittorio con i reali possidenti insediati effettivamente nei fondi agricoli e, non può essere assimilato ad una perizia mancando ogni attestazione del tecnico perito deputato ai rilievi tecnici.
Si ritiene importante specificare che la ratio della ricognizione istitutiva del diritto di Enfiteusi per contraddittorio, oltre per quanto precedentemente meglio analizzato, trova ragione nel fatto che i fondi già ceduti per la piena proprietà non avrebbero corso il rischio di essere ceduti nuovamente ad altri per mezzo di successivi atti. Cosa che, invece, una mera scrittura di “identificazione dei fondi” non è adatta a evitare, non essendoci a monte nessun punto fermo nella determinazione del bene, di contraddittorio, di accertamento del titolo e se già questo oggetto di precedente cessione. Criticità che in caso di ricognizione in contraddittorio con i possessori effettivi sarebbe stata ben evitata.

CONCLUDENDO: Gli esempi portati per cosa sono e come si eseguono le ricognizioni evidenziano la procedura che si sarebbe dovuta adottare per esercitare o consolidare il presunto Diritto di Concedente in assenza di Contratti regolarmente scritti, registrati e trascritti. Non risultano Ricognizioni eseguite in questo senso sugli ex-fondi rustici di San Felice, né per opera degli eredi Aguet/Blanc, né precedentemente dal Demanio o da qualcuno degli altri intervenuti acquirenti dell’ex-Feudo di San Felice. Tra l’altro lo stesso Giachetti, primo proprietario dell’ex-Feudo è ben individuato in atti per aver avvertito nel 1892 il suo successore (Zeffiro Rossellini) che per i fondi rustici con presunto peso di diretto Dominio non aveva fatto ricognizione.

Cosa ancor più rilevante era che sin dal primo atto Giachetti aveva informato Rossellini che gli cedeva il compendio immobiliare residuo come a lui era pervenuto dal Demanio e per come gli era stata ratificata la vendita dal Ministero del Tesoro e dalla Corte dei Conti – ratifica che non comprendeva la cessione dei fondi oggi supposti con peso di diretto dominio.

7 – Pretesa di far valere un “Brogliardino per l’aggiornamento in Campagna dei Fondi Rustici”, quale Ricognizione del Titolo di Enfiteusi, quando si tratta di un mero aggiornamento catastale eseguito tra il 1856 e il 1863 ed ancora incompleto.
Riteniamo pretestuosa e priva di fondamento la tesi sostenuta dagli eredi Aguet/Blanc, secondo cui il Brogliardino, da loro esibito, è da considerare una Ricognizione Legale del Titolo del Concedente.
Premesso che in tale Brogliardino – utilizzato per l’aggiornamento in Campagna dei Fondi Rustici – non compare mai la parola Ricognizione, si precisa che era un documento provvisorio di censimento e rilevazione in campagna nei fondi rustici, delle superfici e dei possidenti da parte del tecnico geometra incaricato per la formazione e l’aggiornamento del Catasto Gregoriano per l’adeguamento degli estimi da parte della Direzione del Censo di Roma (la ratio è quella che, ai fini fiscali, la Chiesa doveva essere certa di conoscere chi aveva l’obbligo di pagare le tasse e di avere una base certa per programmare le entrate nei bilanci futuri dello Stato Ecclesiastico).

Ergo, il Brogliardino di campagna risulta un documento del tutto inutile e non opponibile per qualsiasi rivendicazione. Addirittura non aveva una rilevanza fiscale in quanto ancora non valutato dall’apposita Commissione nominata dalla Direzione del Censo di Roma per l’assegnazione degli estimi, e non aveva, allora come nemmeno oggi, valenza di probatorietà giuridica in quanto documento Catastale.
Tra l’altro, le asserite valenze date alla pubblicazione del Brogliardino e l’insinuazione di una presunta partecipazione in contraddittorio di più parti attive per permettere la sua realizzazione attraverso le operazioni di rilievo in campagna, non trovano riscontro nelle norme e regolamenti del Censo dello Stato Pontificio, che statuiscono l’obbligo di effettuare comunque il rilievo sul posto anche se non si presenta nessuno a presenziare sul fondo – non ci sono verbali di contraddittorio tra il presunto utilista e i tecnici operanti, ma ancor più non c’è verbale in cui partecipano al contraddittorio per sopralluogo congiunto dei possidenti confinanti.
La procedura di cui sopra prevista dalle norme per l’istituzione del censimento del Catasto Ecclesiastico fu adottata anche dal Regno d’Italia (N°5).


Se fosse vera e perseguibile la tesi del Brogliardino di Campagna di San Felice assimilabile ad una ricognizione, quando in realtà è una scrittura catastale provvisoria che fu prodotta in egual modo per ogni Comune dello Stato Ecclesiastico, non si spiega come mai l’odierno Catasto Terreni e Fabbricati, che ha seguito la stessa procedura, non abbia valenza probatoria. E non si spiega perché non sia stato omologato dal Regno d’Italia per essere probatorio, come si fece per il Catasto Tavolare di Trento e Bolzano.
I timbri apposti sul documento “Brogliardino” riguardano solo la Deputazione di Frosinone per cui il Brogliardino in oggetto non è stato vistato o approvato dalla articolazione apicale del Censo di Roma.

                                            PER OPPORTUNA NOTIZIA E INFORMAZIONE SI RIASSUME:

Per la Formazione del Catasto Gregoriano del 1816 erano previste due fasi distinte tra loro:

– la prima di rilevamento e qualificazione dei terreni agricoli a carico dei Periti Geometri, dei Verificatori e degli Ispettori (al fine di redigere le mappe particellate);

– la seconda, a carico dei Periti Agrari, per stabilire l’estimo nei territori, base dell’imposizione fiscale.

Il lavoro di misurazione e formazione delle mappe avveniva attraverso la stesura di un BROGLIARDINO (vedasi approfondimento in paragrafo 7), documento utile nella prima fase di lavoro del già promulgato catasto Gregoriano, che nel caso in questione ebbe la successiva funzione di “Aggiornamento”. Tale fase fu eseguita sul posto in campagna e riportata a tavolino dal perito geometra incaricato. Nel brogliardino non vengono riportati gli estimi censuari, che verranno indicati solo nella fase successiva dalla Direzione Generale del Censo che, a tale scopo, nominava un’apposita commissione.
L’aggiornamento del 1863 dei fondi rustici di San Felice non è una Ricognizione del titolo, ma un provvedimento autonomo di aggiornamento generale del Territorio previsto dalla Direzione Generale del Censo di Roma nel quale sono riportati anche i beni non enfiteutici. Venne eseguito secondo le norme che inizialmente furono emanate con Motu Proprio di Pio VII del 06-07-1816, consultabili nella Biblioteca Alessandrina dell’Archivio di Stato di Roma a Sant’Ivo alla Sapienza e presso altri archivi Istituzionali dello Stato Italiano.
Le ricognizioni delle proprietà “dirette” della Chiesa erano decise dagli Uffici di gestione amministrativa della Reverenda Camera Apostolica. La R.C.A. disponeva di propri periti Camerali o tecnici all’uopo incaricati e di propri ed esclusivi Notai detti “Camerali” tramite i quali, eseguita e stipulata la Ricognizione in contraddittorio con gli Utilisti, procedevano alla registrazione e trascrizione come atto pubblico, al fine di una possibile opposizione in giudizio e fuori giudizio.

Anche il Censo – derivato dalla Congregazione dei Catasti istituita con Motu Proprio del 1801 “Le più Colte” di Pio VII nell’ambito della sola Riforma Fiscale – disponeva di propri tecnici e periti che rispondevano a Direttori sottoposti al controllo della Direzione Centrale del Censo di Roma, e non aveva alcuna competenza ad effettuare Ricognizioni perché le scritture catastali non avevano (come non hanno) probatorietà giuridica essendo atti non soggetti a registrazione e conservazione, di competenza dell’allora Conservatore.

 

8 – Sintesi e precisazioni finali sulla problematica dei presunti livelli al Circeo
Contratti tra Direttario (Concedente) e Utilista(Enfiteuta)
Non risultano esistere
Ricognizioni con valenza opponibile per atto derivativo in sostituzione dell’atto originario
Non risultano esistere
Ricevute di pagamento di canoni per tentare di usucapire il titolo di Concedente
Non risultano esistere
Immissione in possesso
In San Felice Circeo, l’atavica assenza della determinabilità dei fondi e la mancata individuazione del tipo di diritto o peso gravante su di essi, l’assenza di Contratti che individuino i nominativi degli Utilisti o loro danti causa riferiti all’effettivo sopralluogo sulle particelle catastali, le dimensioni e le coltivazioni presenti sui fondi e l’assenza di pagamenti dei canoni, attestano che non c’è mai stata alcuna immissione in possesso da parte degli eredi Aguet/Blanc sugli ex-Fondi Rustici relativamente ad un presunto diritto del Concedente, in quanto ad oggi appare che fosse impossibile a causa delle dette peculiarità di indeterminabilità.

Note

Nota 1
Il Catasto Gregoriano fu il primo strumento che nel territorio individuò le superfici dei terreni con la rappresentazione grafica di particelle, distinguendone i singoli possessori o le singole ditte presuntivamente titolari di diritti.
Nota 2
E’ fatto salvo il Catasto tavolare applicato nelle provincie autonome di Trento e Bolzano
Nota 3
Titolo ricercato comunque in Atti e Registri Camerali e Atti e Registri capitolini, ma non trovato.
Nota 4
CASS. SEZ. II CIV. 6 NOVEMBRE 2023, N. 30823. “… L’esistenza del livello deve essere accertata mediante il titolo costitutivo del diritto o l’atto di ricognizione, mentre deve escludersi rilievo ai dati catastali”.
Nota 5
Legge 1-03-1886, nr. 3682 dispose, tra l’altro, la nascita del nuovo Catasto. In particolare all’art. 8 del capo terzo si stabilì che, ai fini civili, la valenza probatoria del rinnovato Istituto era rimandata ad apposita legislazione civile, mai fatta. La valenza non probatoria viene puntualizzata con la successiva Legge nr. 23 del 1897 (G.U. nr.22 del 28 gennaio 1897) che sostituì alcuni articoli della L. nr.3682/1886, tra cui l’art. 5 dove si dispose che se pur in assenza della Commissione Censuaria Comunale e in assenza dei possessori non si sarebbero sospese le operazioni per costituire in Catasto, ricalcando definitivamente la ratio del passato catasto Gregoriano.

  

 

 

 

Livelli baronali
Basta ai presunti diritti feudali Circeo